TRIBUNALE ORDINARIO DI ROVIGO 
                   Sezione Esecuzioni Immobiliari 
 
    Nell'esecuzione immobiliare iscritta al n. r.g. 194/2019; 
    Il giudice dott. Giulio Borella,  a  scioglimento  della  riserva
assunta all'udienza del 15 gennaio 2021, ha pronunciato  la  seguente
ordinanza: 
        visto il pignoramento notificato in data 12 novembre 2019 col
quale Unione  di  banche  italiane  Spa  ha  promosso  espropriazione
immobiliare nei confronti di Polato Renato; 
        rilevato che il creditore procedente ha iscritto la procedura
esecutiva a ruolo; 
        rilevato  che  il  medesimo  in  data  27  dicembre  2019  ha
depositato istanza di vendita e ha depositato  la  documentazione  di
cui all'art. 567 del codice di procedura civile; 
        rilevato che all'udienza ex art. 569 del codice di  procedura
civile del 15 gennaio 2021 il  creditore  procedente  ha  chiesto  la
vendita dell'immobile; 
        rilevato che,  a  detta  del  custode,  l'immobile  pignorato
costituisce abitazione principale del debitore  e,  quindi,  dovrebbe
essere disposta la sospensione  ex  lege  delle  procedure  esecutive
immobiliari  che  abbiano  ad  oggetto  l'abitazione  principale  del
debitore, ex art. 54-ter  del  decreto-legge  n.  18/2020,  novellato
dapprima dall'art. 4 del decreto-legge n. 137/2020  e  poi  dall'art.
13, comma 14, del decreto-legge n. 183/2021; 
        visto l'art. 54-ter del decreto-legge  n.  18/2020,  inserito
dalla legge di conversione n. 27/2020; 
        visto l'art. 4 del decreto-legge n. 137/2020; 
        visto l'art. 13, comma 14, del decreto-legge n. 183/2020; 
        rilevato  che,  per  effetto  delle   predette   disposizioni
normative, l'esecuzione che abbia ad oggetto l'abitazione  principale
del debitore deve essere sospesa fino al 30 giugno 2021; 
    Solleva eccezione di illegittimita'  costituzionale  dell'art.  4
del  decreto-legge  n.  137/2020  e  dell'art.  13,  comma  14,   del
decreto-legge n. 183/2020, in quanto confliggenti con gli articoli 3,
41,  42,  47,  24,  111,  117  della  Costituzione,  quest'ultimo  in
relazione all'art. 6 della Convenzione europea  per  la  salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali,  in  relazione
all'art. 13 della Carta di Nizza, per i seguenti 
 
                               MOTIVI 
 
1. Liberta'  di  iniziativa  economica,  affidamento  dei  cittadini,
inosservanza di norme sovraordinate. 
    L'art. 54-ter del decreto-legge n. 18/2020 (inserito dalla  legge
di conversione n. 27/2020) ha previsto la sospensione delle procedure
esecutive  per  il  pignoramento  immobiliare,  aventi   ad   oggetto
l'abitazione principale del debitore. 
    La sospensione ha avuto inizialmente una durata di sei mesi,  dal
30 aprile 2020  fino  al  31  ottobre  2020,  ma  per  effetto  delle
disposizioni censurate essa e' stata dapprima prorogata  fino  al  31
dicembre 2020, quindi ora fino al 30 giugno 2020. 
    L'art. 4 del decreto-legge  n.  137/2020,  inoltre,  ha  previsto
l'inefficacia  dei  pignoramenti  immobiliari  notificati  fino  alla
entrata in vigore della legge di conversione del decreto  stesso  (il
che non p ancora avvenuto). 
    Ebbene, si ritiene che l'inefficacia dei nuovi pignoramenti e  le
proroghe all'efficacia dell'art. 54-ter del decreto-legge n.  18/2020
(e quindi la proroga  della  sospensione  delle  procedure  esecutive
immobiliari), dapprima in forza  dell'art.  4  del  decreto-legge  n.
137/2020, poi in forza dell'art. 13, comma 14, del  decreto-legge  n.
183/2020, contrastino innanzitutto con gli articoli 3, 41, 117  della
Costituzione (quest'ultimo  in  relazione  all'art.  2  del  Trattato
sull'Unione europea, all'art. 3 della  Costituzione  per  l'Europa  e
all'art. 16 della Carta di Nizza). 
    L'art. 41, comma 1, della Costituzione prevede  che  l'iniziativa
economica privata e' libera. Essa si svolge in  un  contesto  che  e'
quello descritto dall'art. 2 del Trattato  sull'Unione  europea,  che
parla di un'Europa basata sulla crescita economica, la stabilita' dei
prezzi, un'economia sociale di mercato altamente competitiva. 
    Le    disposizioni    censurate    pregiudicano     l'affidamento
dell'imprenditore sulla stabilita'  del  sistema,  sulla  certezza  e
speditezza delle procedure di recupero dei  crediti,  che  come  noto
costituiscono  un  mezzo  di  finanziamento  dell'impresa.  Con  cio'
pregiudicano la possibilita' stessa dell'imprenditore di  programmare
la propria attivita' e, in definitiva, di fare impresa. 
    Infatti per l'art. 2740 del codice civile  il  debitore  risponde
delle obbligazioni con tutti i  suoi  beni  presenti  e  futuri;  per
l'art. 2910 del codice civile poi il creditore, per conseguire quanto
gli spetta, puo' far espropriare i  beni  del  debitore,  secondo  le
norme del codice di procedura civile. 
    L'espropriazione  civile  contribuisce  quindi  al  funzionamento
dell'economia di mercato, perche' la certezza di un  rapido  recupero
del  credito  comporta  una  maggior  sicurezza  e  speditezza  nella
circolazione dei beni e servizi e in genere nei traffici economici. 
    L'impatto delle espropriazioni immobiliari sull'economia e' certo
ed e' ben espresso nelle linee guida per  le  esecuzioni  immobiliari
dell'11 ottobre 2017 del C.S.M., paragrafo  §  4,  da  intendersi  in
parte qua ivi integralmente richiamato. 
    Vi e' altresi' un necessario e  imprescindibile  affidamento  del
privato sulla stabilita' dell'ordinamento,  nel  momento  in  cui  lo
stesso  avvia  una  iniziativa  imprenditoriale,  quale  il  recupero
giudiziale di un credito. 
    Se e' vero che il processo e' retto dal  principio  tempus  regit
actum, cio' e' vero  unicamente  per  le  disposizioni  di  carattere
formale, quelle cioe' che disciplinano semplicemente le modalita'  di
svolgimento del processo, non certo per quelle che, pur disciplinando
il processo (come nel caso della sospensione), incidano  pero'  anche
su posizioni giuridiche soggettive, procrastinando  il  conseguimento
del bene della vita cui l'iniziativa e' rivolta. 
    La Corte costituzionale ha gia' precisato che vi e' lesione della
liberta' di iniziativa economica, allorche' l'apposizione  di  limiti
di ordine generale al  suo  esercizio  non  corrisponda  all'utilita'
sociale o alla protezione di valori primari, attinenti  alla  persona
umana, ai sensi dell'art.  41,  secondo  comma,  della  Costituzione,
purche'  l'individuazione  sociale  non  appaia  arbitraria   e   gli
interventi  del  legislatore  non  la  perseguano   mediante   misure
palesemente incongrue. 
    A sua volta la Corte ha precisato, con  riferimento  alla  tutela
dell'affidamento dei cittadini, che vi e' lesione del  principio  del
legittimo affidamento nella sicurezza giuridica, salvo che  vi  siano
interessi pubblici sopravvenuti tali  da  giustificare  il  fatto  di
andare ad incidere peggiorativamente su  posizioni  consolidate,  con
l'unico limite della proporzionalita'  dell'incisione  rispetto  agli
obiettivi di interesse pubblico perseguiti. 
    Nel caso di specie come detto va riconosciuto che  le  iniziative
giudiziarie  di  recupero  dei  crediti  rientrano  nel  concetto  di
attivita' d'impresa e di iniziativa economica. 
    Cio' e' ancor piu' vero, poi, per tutti quei soggetti,  quali  le
banche, tra le cui attivita' istituzionali vi e' la  concessione  del
credito,  sicche'  il  relativo  recupero  (e   l'affidamento   sulla
prontezza del recupero, attraverso le procedure e  i  mezzi  messi  a
disposizione dallo Stato) non e'  attivita'  occasionale,  bensi'  un
ramo determinante dell'attivita'. 
    Ogni discussione sul  punto  non  puo'  certo  prescindere  dalla
realta' economica e giudiziaria concreta, che e' quella  per  cui  la
maggioranza delle esecuzioni immobiliari sono avviate da istituti  di
credito. 
    Il complesso tema dei NPL, che non e' qui il caso di  affrontare,
e' li' a ricordarlo e a dimostrarlo, trattandosi anzi di problema che
trascende il singolo creditore, per diventare questione  di  sistema,
dalla cui soluzione dipendono la stabilita' del sistema stesso. 
    Di  conseguenza  l'impatto  delle  disposizioni   sull'iniziativa
economica, in  questo  settore,  deve  essere  valutato  con  estremo
rigore; i principi di necessita', adeguatezza e  proporzionalita'  di
ogni  intervento  normativo  che  vada  ad  incidere  sull'iniziativa
economica, nei termini sopra descritti, devono  essere  valutati  con
estremo rigore, per le ricadute di sistema che ne possono  conseguire
nell'ambito di  cui  si  discute  e  per  la  qualita'  dei  soggetti
coinvolti. 
    Tradizionalmente sono stati  ritenuti  legittimi  limiti  imposti
all'iniziativa economica e alla liberta' d'impresa  quelli  dovuti  a
motivi  di  lavoro,  ambiente  e  salute  (sempre  a  condizione   di
proporzionalita'). 
    Ebbene,  deve  ritenersi  che  nel  caso  di  specie  manchino  i
presupposti individuati  dalla  Corte  costituzionale  perche'  siano
legittimi  interventi  limitativi  dell'iniziativa  economica,  della
liberta' d'impresa, dell'affidamento dei cittadini che ne costituisce
il presupposto. 
    La  ratio  della  norma  non  puo'  infatti  essere   individuata
nell'esigenza di tutela di una parte colpita  dalla  crisi  scatenata
dall'emergenza Covid: le procedure sospese alla data  del  30  aprile
2020 riguardano debitori divenuti  insolventi  ben  prima  di  quella
data. 
    La  ratio  non  puo'  neppure  essere   quella,   sempre   legata
all'emergenza sanitaria, di tutela della salute pubblica: non avrebbe
senso  altrimenti  fermare  solo  le  procedure  aventi  ad   oggetto
l'abitazione principale del debitore e, in ogni caso, il fine sarebbe
gia' adeguatamente assicurato con le ordinarie misure dell'uso  della
mascherina,  del   distanziamento   sociale   e   dell'igienizzazione
frequente, oltre che con la possibilita' di celebrare le  udienze  da
remoto o con trattazione scritta, oltre  che,  quanto  alle  vendite,
mediante le vendite telematiche. 
    In   questo   modo    le    procedure    esecutive    immobiliari
(sull'abitazione principale del debitore) potrebbero  proseguire,  al
pari di come  stanno  proseguendo  le  cause  civili  ordinarie  e  i
processi penali presso ogni tribunale. 
    La ratio, a giudicare dal riferimento  all'abitazione  principale
del  debitore,  intende  quindi  probabilmente  tutelare  il  bisogno
abitativo di una categoria di cittadini. 
    Va  ribadito  tuttavia  che  una  tale  finalita'   e'   estranea
all'emergenza Covid (non essendo il problema abitativo  dei  debitori
attualmente esecutati collegato alla pandemia) e si tratta  piuttosto
di  una  ordinaria  scelta  di  politica  abitativa  da   parte   del
legislatore. 
    Si tratta pero' di una scelta alla quale dovrebbe  provvedere  lo
stesso legislatore e che questi, invece, scarica su un'altra parte di
cittadini (tra l'altro quella contrapposta  al  debitore  esecutato),
con una scelta di parte non giustificata da  ragioni  redistributive,
oltre  che  pesantemente  pregiudizievole  per  l'affidamento  e   la
liberta' d'impresa dei soggetti interessati. 
    Difetta  dunque  il  requisito  di   necessita'   dell'intervento
sospensivo del legislatore, che, nel pregiudicare  l'affidamento  del
cittadino e la liberta' di iniziativa economica  (le  due  cose  sono
collegate), lo fa per sgravarsi dal dovere di risolvere  un  problema
abitativo di carattere generale e non  eccezionale,  non  determinato
cioe' dall'emergenza sanitaria in corso, ma ad esso antecedente. 
    In ogni caso la Corte costituzionale ha  gia'  affermato  che  le
esigenze di utilita' sociale (soprattutto se riferite ad un  generico
bisogno abitativo, come nella specie) debbono essere  bilanciate  col
principio  della  concorrenza  (Corte  costituzionale  n.  386/1996),
tenuto altresi' conto che l'individuazione di tali esigenze non  deve
essere  arbitraria  e/o  perseguita  dal   legislatore   con   misure
palesemente incongrue (Corte costituzionale n.  548/1990),  assumendo
valore anche il carattere temporalmente limitato della disciplina che
le prevede (Corte costituzionale n. 94/2009), mentre nella specie  la
sospensione e' destinata a durare oltre un anno. 
    In   ogni   caso   l'iniziativa   economica   non   puo'   essere
funzionalizzata: sempre a detta della Corte,  nell'individuazione  da
parte  del  legislatore   dell'utilita'   sociale,   gli   interventi
legislativi  non  debbono  essere  tali  da  condizionare  le  scelte
imprenditoriali in modo cosi' elevato, da indurre sostanzialmente  la
funzionalizzazione dell'attivita' economica (Corte Costituzionale  n.
548/1990), come e' nella specie, dove una delle  ordinarie  attivita'
di qualsiasi impresa rimane impedita  per  tutelare  (ed  e'  qui  la
funzionalizzazione)  un  generico  bisogno  abitativo  che   dovrebbe
rimanere a carico della collettivita', per un tempo elevato (oltre un
esercizio). 
    Le norme censurate violano l'iniziativa economica  anche  perche'
pregiudicano irragionevolmente, oltre quanto necessario e in  maniera
sproporzionata,  l'imprenditore  che  debba  procedere  al   recupero
forzoso  del  credito,  rispetto  all'imprenditore  che   non   debba
ricorrere allo Stato per ottenere l'adempimento degli obblighi  della
propria controparte, impattando sulla concorrenza. 
    La Corte costituzionale ha gia' avuto modo di evidenziare come la
liberta' di concorrenza tra imprese abbia una duplice  finalita':  da
un lato essa integra la liberta' di iniziativa economica, che  spetta
nella stessa misura  a  tutti  gli  imprenditori,  e  dall'altro,  e'
diretta alla protezione della collettivita', in quanto l'esistenza di
una pluralita' di  imprenditori  in  concorrenza  tra  loro  giova  a
migliorare la qualita' dei prodotti e a contenerne  i  prezzi  (Corte
costituzionale n. 94/2009). 
    La concorrenza e' totalmente falsata dalle  norme  censurate,  in
quanto, se un imprenditore puo'  imputare  a  rischio  d'impresa  che
certi clienti non onorino gli impegni  assunti  e,  quindi,  se  puo'
imputare sempre a rischio d'impresa la necessita' di dover  procedere
giudizialmente al recupero dei crediti e i tempi necessari,  per  tal
via, per conseguire il bene della vita (predisponendo all'uopo  anche
i  necessari  mezzi,  caparre,  garanzie,   penali,   accantonamenti,
riserve, ecc.), non rientra certo nel rischio d'impresa che le regole
del  gioco  vengano  modificate  a  partita  iniziata,  alterando  la
necessaria, sana programmazione e pianificazione aziendale. 
    Se poi si considera, come gia' evidenziato, che la maggior  parte
delle espropriazioni immobiliari e' avviata da  istituti  di  credito
e/o societa' veicolo per il recupero di  NPL,  l'aspetto  della  sana
programmazione  e  pianificazione  e  l'impatto  delle   disposizioni
censurate sulla programmazione aziendale e sulla  concorrenza  appare
ancor piu' evidente. 
2. Ablazioni reali. 
    Sotto altro profilo, le disposizioni censurate violano l'art. 42,
comma 3, della Costituzione, a norma del quale la proprieta'  privata
puo' essere, nei casi  previsti  dalla  legge  e  dietro  indennizzo,
espropriata per motivi di interesse generale. 
    Le  modalita'  attraverso   cui   il   creditore   puo'   trovare
soddisfazione  non  contemplano  solo  la  trasformazione  del   bene
pignorato in denaro, mediante la vendita forzata. 
    La soddisfazione del creditore puo' realizzarsi anche  attraverso
la richiesta di assegnazione del bene, in caso di asta deserta. 
    Sempre nell'ambito del complesso  settore  dei  NPL,  anzi,  deve
rilevarsi come molte delle societa' veicolo, verso le quali le banche
cartolarizzano  i  propri  crediti  deteriorati,  utilizzino   questa
possibilita' al  fine  di  evitare  manovre  speculative  e,  quindi,
l'eccessiva svalutazione di assets che  magari  hanno  un  mercato  e
quindi un valore importante (non per  niente  proprio  la  disciplina
dell'assegnazione venne  modificata  col  decreto-legge  n.  83/2015,
convertito con legge n. 132/2015), proprio per rendere  piu'  agevole
alle societa' veicolo il ricorso a questo strumento. 
    La sospensione della liquidazione dei  beni  pignorati  impedisce
ovviamente anche  al  creditore  di  divenirne  proprietario  tramite
l'istanza di assegnazione. 
    All'espropriare,   ossia   al   provvedimento   ablativo    della
proprieta', deve ritenersi  equivalente  l'impedimento  imposto  alla
possibilita' di divenire proprietario. 
    Tale  sacrificio  puo'  essere  imposto  per  legge,  quando  sia
necessario per  finalita'  di  pubblico  interesse,  ma  solo  dietro
indennizzo o altra forma di intervento compensativo del pregiudizio. 
    Nel caso di specie non vi e' un interesse pubblico preminente (in
forza di tutto quanto sopra detto) e non e' prevista alcuna forma  di
intervento compensativo. 
3. Tutela del risparmio. 
    Sotto altro profilo  ancora,  la  norma  viola  l'art.  47  della
Costituzione. 
    Sul punto basti richiamare quanto  sopra  evidenziato  in  ordine
all'impatto delle esecuzioni immobiliari  sul  circuito  del  credito
bancario e sui NPL e, in  definitiva,  sulla  stabilita'  stessa  del
sistema economico. 
    Alla stessa esigenza  di  tutela  della  stabilita'  del  sistema
bancario presiede anche la garanzia di celere ed efficiente  recupero
del credito (cfr linee guida C.S.M.). 
    Eventuali difficolta' eventualmente frapposte all'efficienza  del
sistema di recupero del credito, tra  l'altro  a  partita  in  corso,
ossia  quando  l'iniziativa  recuperatoria  e'  gia'  stata  avviata,
possono  comportare  il  default  della  banca,  che,  in  base  alla
direttiva UE n. 59/2014 (BRRD), recepita con decreto  legislativo  n.
180/2015 e n. 181/2015, puo' portare ad intaccare anche il  risparmio
dei depositanti. 
    Il potenziale sacrificio del risparmio dei cittadini non  risulta
giustificabile per  la  semplice  finalita'  di  tutela  del  bisogno
abitativo di una classe di debitori. 
    Ancora,  le  disposizioni  censurate  violano  l'art.  47   della
Costituzione anche nella parte in cui  quest'ultimo  prevede  che  la
Repubblica  favorisce  l'accesso  del   risparmio   alla   proprieta'
dell'abitazione. 
    Ogni  difficolta'  (non  necessaria,  adeguata  e  proporzionata)
frapposta al recupero del credito, provoca come reazione una  stretta
nell'erogazione di ulteriore credito  da  parte  degli  istituti,  in
particolare ai ceti meno facoltosi della  popolazione,  cosi  che  si
produce il paradosso per cui  una  norma  pensata  per  favorire  una
fascia  di  soggetti  ritenuti  deboli  (alcuni,  quelli  insolventi)
finisce con il danneggiare proprio l'intera fascia dalla quale  molti
di quei soggetti provengono. 
    Per salvare alcuni, si danneggiano tutti. 
4.  Accesso  alla  giustizia  per  la  tutela  dei  propri   diritti,
violazione delle norme sul giusto processo, sotto  il  profilo  della
parita' tra le parti e della ragionevole durata del processo, mancato
rispetto di norme sovraordinate. 
    Ancora, le disposizioni censurate violano gli articoli  24,  111,
117 della Costituzione. 
    La prima disposizione prevede che tutti possono agire in giudizio
per  la  tutela  dei  propri  diritti  e  interessi   legittimi,   le
disposizioni  sovranazionali  prevedono  il  diritto  ad  un  ricorso
effettivo. 
    Vi e' poi violazione del  diritto  alla  ragionevole  durata  del
processo, previsto dall'art. 111 della Costituzione e tutelato  anche
dall'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali, il cui rispetto e' dovuto ex
art. 117 della Costituzione. 
    Posto che l'esecuzione e' servente alla cognizione,  e'  evidente
che il diritto di agire in  giudizio  e  il  diritto  ad  un  ricorso
effettivo    vengono    svuotati    di    significato    a     fronte
dell'impossibilita' o eccessiva difficolta' (che e' data anche  dalla
sospensione continuamente prorogata)  a  far  eseguire  le  decisioni
giudiziarie o gli altri titoli esecutivi previsti dall'art.  474  del
codice di procedura civile. 
    Che  l'eccessiva  durata  del  processo  equivalga   a   denegata
giustizia era evidente fin  dai  tempi  di  Calamandrei  ed  e'  oggi
principio acquisito, tanto che ogni anno all'inaugurazione  dell'anno
giudiziario si parla della lentezza della giustizia, dell'ingiustizia
e soprattutto dei costi che cio' implica, e  da  anni  si  promulgano
leggi che accorciano i tempi o eliminano formalismi ritenuti  inutili
per giungere con rapidita' alla decisione. 
    Nelle esecuzioni immobiliari dal decreto-legge n.  35/2005,  alla
legge n. 69/2009, al decreto-legge n. 83/2015,  al  decreto-legge  n.
59/2016, per continuare con le linee guida del C.S.M. dell'11 ottobre
2017. 
    Eventuali  limitazioni  all'esercizio  di  diritti  e/o  liberta'
fondamentali  possono  essere  ammesse,  anche  nella  giurisprudenza
sovranazionale, solo se siano non  discriminatorie,  giustificate  da
imperiosi  motivi   di   interesse   pubblico,   essere   idonee   al
raggiungimento dello scopo e non andare oltre quanto necessario a tal
fine (cfr sentenza 31 marzo 1993 causa C-19/1992). 
    Cosi' eventuali misure limitative dell'accesso alla  giustizia  e
della  ragionevole   durata   dei   processi   debbono   essere   non
discriminatorie, necessarie per raggiungere  finalita'  di  interesse
pubblico  di  pari  rango  e  dignita',   adeguate   allo   scopo   e
proporzionate, nel senso che possono imporre  un  sacrificio  ad  una
delle parti, ma non tradursi in denegata giustizia o irragionevole  e
sbilanciata tutela di una delle parti  (che  dovrebbero  trovarsi  in
condizioni di parita'), sicche' si richiede che siano previste per un
tempo limitato e che prevedano delle contropartite per  alleviare  il
pregiudizio. 
    Nel caso di specie tutti questi principi appaiono violati. 
    Infatti l'intento del legislatore non  puo'  identificarsi  nella
tutela di soggetti divenuti insolventi  a  causa  delle  misure  anti
Covid, atteso che le procedure aperte alla data del  30  aprile  2020
riguardavano debitori gia' da tempo insolventi. 
    La ratio non puo' identificarsi neppure nella tutela della salute
pubblica, atteso che, se in occasione del primo lockdown c.d. duro vi
e' stata chiusura di tutte le attivita' non essenziali, in seguito  e
all'attualita'  vi  sono  misure  diversificate  territorialmente,  a
seconda del grado di rischio sanitario, ma perfino  nelle  zone  c.d.
rosse le attivita' lavorative sono consentite. 
    Senza considerare che, in definitiva, l'unica preoccupazione  dal
punto di vista sanitario in materia di esecuzioni puo' essere  quella
di  evitare  assembramenti,  finalita'  che  tuttavia   puo'   essere
adeguatamente soddisfatta mediante altre misure gia'  previste  dalla
legislazione emergenziale (udienza da remoto,  udienza  cartolare)  o
gia' esistenti (aste telematiche). 
    Se la ratio quindi fosse la tutela della salute, bene sicuramente
primario,  la  misura  dell'inefficacia  dei  pignoramenti  e   della
sospensione delle procedure in corso (sull'abitazione principale  del
debitore), cosi' come prorogata  dalle  disposizioni  censurate,  non
appare   necessaria/o   adeguata   e,   comunque,   e'   del    tutto
sproporzionata, andando oltre quanto necessario allo scopo. 
    Ma non e' la tutela della salute che  le  norme  hanno  di  mira,
atteso che, se cosi' fosse, non vi  sarebbe  ragione  di  impedire  o
sospendere  solo  i  pignoramenti  e  le  procedure   sull'abitazione
principale del debitore. La norma  sarebbe  allora  anche  del  tutto
irrazionale, con violazione dell'art. 3 della Costituzione. 
    Le  disposizioni  censurate  realizzano  piuttosto   una   tutela
generalizzata della classe debitoria (quanto meno dei debitori per  i
quali sia pignorata l'abitazione principale), senza  distinguere  tra
coloro che effettivamente siano divenuti  insolventi  a  causa  della
crisi Covid e  coloro  che  invece  lo  erano  a  prescindere  (e  il
processo,   eventualmente   una   parentesi   cognitiva   all'interno
dell'esecuzione, e' appunto il  luogo  dove  anche  queste  questioni
possono e debbono dipanarsi, nel contraddittorio tra le parti). 
    Ancora, apparentemente la finalita' pare quella  di  tutelare  il
bisogno abitativo di una classe di cittadini. 
    Ora la tutela sociale del debitore puo' avvenire o con intervento
diretto dello Stato in favore  di  chi  si  trovi  in  situazione  di
bisogno, a tutela della dignita' della  persona,  oppure  tramite  un
sacrificio imposto a certe categorie di cittadini. 
    Tuttavia tale  sacrificio  deve  essere  necessario,  adeguato  e
proporzionato. 
    Insomma, lo Stato ha il dovere di  aiutare  i  bisognosi  e  puo'
decidere se e come intervenire, ma deve farlo in modo proporzionato e
non puo' farlo  a  costo  zero  e  scaricando  su  una  categoria  di
cittadini (tra l'altro la parte contrapposta a  quella  in  stato  di
bisogno) i costi per la tutela di altra categoria di cittadini. 
    Se l'intento del legislatore e' quello di realizzare  una  tutela
generalizzata di una classe  di  debitori  (quelli  per  i  quali  e'
pignorata l'abitazione principale), lo strumento esiste gia',  ed  e'
la disciplina sul sovraindebitamento (legge n.  3/2012  e,  oggi,  le
disposizioni del C.C.I.I., per  effetto  della  legge  n.  176/2020),
mentre  l'inefficacia  dei  pignoramenti  e  la   sospensione   delle
procedure in corso non fa che procrastinare il  problema  e  l'agonia
del debitore stesso. 
    Il che vieppiu' fa apparire  sproporzionata  e  irragionevole  la
misura dell'inefficacia dei pignoramenti  prevista  dall'art.  4  del
decreto-legge n.  137/2020  e  la  proroga  della  sospensione  delle
procedure gia' avviate, prevista dallo stesso art. 4 e dall'art.  13,
comma 3, del decreto-legge n. 183/2020. 
    In realta' la finalita' del legislatore pare essere  puramente  e
semplicemente quella di una tutela di principio  del  ceto  debitorio
(tutela  alla  quale  gia'  provvede  adeguatamente   la   disciplina
sovraindebitamento), con una immotivata discesa in campo dello  Stato
nell'ambito di questioni di  carattere  privatistico,  in  violazione
della parita' e uguaglianza dei cittadini (art. 3 della Costituzione)
e del principio di responsabilita' delle proprie azioni (art. 2 della
Costituzione in relazione all'art. 2740 del codice civile). 
    In ogni caso difettano le condizioni della limitata durata (si va
verso i quattordici mesi di sospensione, salvo ulteriori proroghe)  e
delle misure compensative. 
    In relazione alle censure sopra evidenziate  meritano  di  essere
richiamati alcuni precedenti della Corte costituzionale su  questioni
analoghe. 
    Nella sentenza n. 155/2004, avente ad oggetto proroga in  materia
di sfratti, il  giudice  delle  leggi  aveva  richiamato  la  propria
precedente sentenza n. 310/2003, nella quale aveva affermato  che  il
legislatore, pur dovendosi far carico dei soggetti in  situazioni  di
bisogno, non puo' tuttavia indefinitamente  limitarsi,  per  di  piu'
senza alcuna valutazione comparativa, a trasferire  l'onere  relativo
in via esclusiva a carico del privato (il locatore nel caso all'esame
della Corte), che potrebbe trovarsi in  identiche  o  anche  peggiori
situazioni di disagio. 
    Sicche', sempre a giudizio della Corte, il sacrificio imposto  ad
un soggetto per tutelare altro  soggetto  debole  puo'  giustificarsi
solo per un periodo transitorio ed essenzialmente  limitato,  il  che
non e' nella specie,  atteso  che  la  sospensione  delle  esecuzioni
immobiliari  perdura  da   aprile   2020   e,   nell'intenzione   del
legislatore, e' destinata a  protrarsi  fino  a  giugno  2021  (salvo
ulteriori proroghe). 
    Infatti, prosegue la Corte,  non  solo  non  e'  prevista  alcuna
comparazione tra la posizione delle parti, ma neppure e' prevista una
congrua misura che, addossando alla collettivita'  l'onere  economico
inerente la protezione di  una  categoria  di  soggetti,  allevii  il
pregiudizio delle categorie sacrificate. 
    Il vulnus che le proroghe arrecano alla  ragionevole  durata  del
processo e alla coerenza dell'ordinamento  e'  evidenziato  anche  in
altre sentenze (cfr Corte costituzionale n. 108/1986). 
    Per concludere, con la sentenza n. 186/2013 la Corte ha  ritenuto
lesi   i   principi   di    ragionevolezza,    uguaglianza,    tutela
giurisdizionale dei diritti, legittimo affidamento dei creditori,  le
condizioni di parita' tra i litiganti, in quanto venivano  ad  essere
vanificati gli effetti della tutela giurisdizionale  gia'  conseguita
da  numerosi  creditori  (nel  caso  della  sentenza  in  commento  i
creditori delle ASL), in assenza delle condizioni di temporaneita'  e
di  garanzia  di  realizzazione  del  diritto  oggetto  di  procedura
esecutiva, in presenza delle quali la stessa  aveva,  in  precedenza,
ritenuto tollerabili i sacrifici imposti. 
    Infine, quanto  alla  tutela  del  bisogno  abitativo  di  alcuni
cittadini, valga quanto segue. 
    Va premesso e ribadito innanzitutto che trattasi di problema  che
prescinde dall'emergenza sanitaria, trattandosi di bisogno  abitativo
non generato dalla pandemia, sicche' trattasi di una ordinaria scelta
politica nell'affrontare il problema della soluzione abitativa di una
classe di cittadini. 
    Cio'  deve  essere  tenuto  ben  presente  nel  giudicare   della
necessita', adeguatezza e proporzionalita' delle misure, in quanto e'
evidente che, se il bisogno fosse creato dall'emergenza, l'urgenza di
provvedere del legislatore giustificherebbe  un  minor  rigore  nella
valutazione. 
    Nella Costituzione non esiste un diritto alla casa (tanto meno  a
conservarla quando,  ad  esempio,  la  si  e'  data  in  garanzia  o,
comunque, il che e' lo stesso, si debba rispondere ex art.  2740  del
codice civile), atteso  che  l'art.  47  della  Costituzione  prevede
unicamente la tutela del risparmio  (necessario  per  poter  accedere
alla proprieta') e il dovere dello  Stato  di  creare  le  condizioni
affinche' tutti possano accedere alla proprieta'. 
    Il discorso dell'abitazione e' quindi piu' che altro un  discorso
di dignita'  umana,  da  inquadrare  nell'ambito  dell'art.  2  della
Costituzione, come emerge anche dall'art. 25 della Carta ONU, ove  si
legge che ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita  sufficiente
a garantire la salute e il benessere proprio e  della  famiglia,  con
particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione,
alle cure mediche e ai servizi sociali essenziali. 
    Si possono quindi leggere pronunce della Corte costituzionale che
affermano come sia doveroso da parte della collettivita' impedire che
delle  persone  possano   rimanere   prive   di   abitazione   (Corte
Costituzionale n. 49/1987), o che il diritto  all'abitazione  rientra
tra  i  requisiti  essenziali  caratterizzanti  la  societa'  cui  si
conforma lo Stato democratico voluto dalla  Costituzione  (cfr  Corte
costituzionale n. 217/1988). 
    Tuttavia deve comunque rilevarsi che  le  misure  previste  dalle
disposizioni censurate, se la ratio e' quella di risolvere un bisogno
abitativo, lo fanno addossando l'onere alla  controparte  processuale
(e sostanziale), non ponendo l'onere a  carico  della  collettivita',
cosi' violando la parita' tra le parti in causa  stabilita  dall'art.
111 della Costituzione. 
    Le disposizioni censurate  inoltre  non  appaiono  indispensabili
allo scopo e, comunque, sono del tutto  inadeguate  e  sproporzionate
atteso che basterebbe prevedere una graduazione degli  sfratti,  come
gia' previsto  in  passato  -  e  di  recente  dal  decreto-legge  n.
102/2013, convertito con  legge  n.  124/2013,  attuato  con  decreto
ministeriale 14 luglio 2014 del Ministero delle infrastrutture -, per
consentire   alla   pubblica   autorita'   competente   di   reperire
un'alternativa abitativa, mentre appare ultroneo rendere inefficaci i
pignoramenti e/o sospendere l'intero processo. 
    Comunque si tratta di misure non previste per un periodo limitato
di tempo (lo erano forse nella prima fase, ma ormai perdurano da otto
mesi e sono destinate a proseguire per altri sei mesi almeno)  e  che
non  prevedono  alcuna  compensazione  per  la  classe  di  cittadini
danneggiata. 
    Se poi l'idea  del  legislatore  -  come  in  definitiva  risulta
evidente essere - e' quella di  introdurre  una  sorta  di  homestead
exemption, anche solo temporanea, ma  protratta  per  un  periodo  di
tempo apprezzabile e  ormai  divenuto  eccessivo,  puo'  naturalmente
farlo, ma solo per il futuro (in quanto cambierebbero  le  condizioni
di accesso al credito, le  condizioni  alle  quali  gli  istituti  di
credito  avrebbero  concesso  il  credito  finalizzato   all'acquisto
dell'abitazione; cosi come le condizioni  e  le  garanzie  dietro  le
quali i privati avrebbero concluso affari coi debitori),  oppure,  se
intenda farlo con efficacia retroattiva, vi e'  obbligo  di  rispetto
delle condizioni previste dall'art. 3 della Costituzione e nei limiti
di cui agli articoli 24, 111, 117 della  Costituzione  e  all'art.  6
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle liberta' fondamentali, sopra descritti. 
    La Corte  della  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali  ha  sul  punto  piu'
volte avuto modo di censurare interventi  legislativi  retroattivi  a
processo in corso, precisando che  il  principio  di  preminenza  del
diritto e del processo equo di cui all'art. 6  della  Convenzione  si
oppongono,   salvo   imperativi   motivi   di   interesse   generale,
all'ingerenza  del  potere  legislativo  nell'amministrazione   della
giustizia (cfr Convenzione europea per la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali  Scordino  contro  Italia  29
marzo 2006). 
    Nella specie i motivi imperativi di interesse generale difettano,
in quanto,  come  gia'  esposto,  le  disposizioni  censurate  mirano
unicamente a realizzare una tutela a partita in corso di  una  classe
specifica di cittadini-debitori, ritenuta  parte  debole,  oppure,  a
tutto concedere, a risolvere un bisogno abitativo di  una  parte  dei
cittadini, scaricandolo pero' sulla parte avversa. 
    Limiti nel caso di specie tutti palesemente violati. 
    A livello di  giurisprudenza  della  Corte  europea  dei  diritti
dell'uomo, e' stato detto, quanto al diritto di accesso al processo -
ma il discorso puo' traslarsi  anche  sui  provvedimenti  che  creino
immotivati ostacoli, interruzioni, sospensioni -, esiste  un  margine
di discrezionalita'  degli  Stati,  ed  e'  quindi  concesso  che  la
relativa disciplina  possa  variare  nel  tempo  e  nello  spazio  in
funzione dei bisogni e delle risorse della comunita' degli  individui
(cfr Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e
delle liberta' fondamentali Ashingdane contro Regno Unito  28  maggio
1985 §57), ma eventuali limiti non possono restringere  l'accesso  in
modo  che  il  diritto  venga  intaccato  nella  sua  sostanza   (cfr
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali Airey contro Irlanda  9  ottobre  1979  §24)  e
comunque i limiti sono legittimi solo  in  quanto  sia  legittimo  lo
scopo e se esiste un ragionevole  rapporto  di  proporzionalita'  tra
mezzi impiegati e obiettivo perseguito dallo Stato  (cfr  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali Khalfaoui contro Francia 14 dicembre 1999 §36). 
    Non v'e' dubbio che le regole del giusto processo  si  applichino
anche alla fase esecutiva, poiche', precisa la Corte, il  diritto  di
accesso ad un giudice  sarebbe  illusorio  se  l'ordinamento  interno
dello Stato permettesse che una decisione  giudiziaria  definitiva  e
obbligatoria restasse inoperante - seppur per un apprezzabile periodo
di tempo, ndr -, a detrimento  di  un'altra  parte  (cfr  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali Immobiliare Saffi contro Italia 28 luglio 1999 §63). 
    Anche  alla  luce  della  giurisprudenza  sovranazionale  citata,
dunque, le norme censurate risultano vieppiu' illegittime.